La più antica tradizione piemontese dedicata al fischietto che risale dal 22 ottobre 1344, (hai letto bene milletrecentoquarantaquattro!!).
Moncalieri in festa tra storia e leggenda:
Era tradizione che ogni anno, per l’inaugurazione della Fèra, il Re scendesse con tuffa la sua corte, dal castello a visitare il gran mercato. Il popolo,
convenuto festante in Piazza Maggiore, esprimeva il suo entusiasmo, per l’augusto visitatore, con grida osannanti e fischi gioiosi di centinaia di subijèt. Finita la cerimonia di apertura, iniziavano le contrattazioni, si facevano provviste per l’inverno”.
“In fondo alla piazza erano al lavoro calderai e stagnini, presso il fuoco che serviva a far sciogliere il metallo; le facce affocate e sporche. Ai loro piedi stavano le pentole e le marmitte per la polenta. E i mendicanti, che stavano appoggiati al muro o seduti per terra con il berretto capovolto, chiedevano l’elemosina”.
la strada che scende a destra della Piazza, cioè l’attuale via Alfieri, si chiamava via dei trippai. Ai due lati si aprivano le botteghe che vendevano frattaglie. Era tradizione che, durante la Fèra i macellai abbassassero i prezzi per consentire a tuffi gli abitanti di Moncalieri una bella scorpacciata di trippa da accompagnare a saporiti intingoli”.
“Che fermento in piazza Maggiore! I bottegai esponevano cereali e spezie, gli arrotini affilavano gli attrezzi, le tessitrici vendevano le loro tele lavorate su telai a navetta. I maniscalchi si affaticavano a ferrare muli ed asini, fra un’ala di contadini in attesa”.“Alla Fèra c’erano tutti. Il signorotto con il cappello in testa, l’artigiano impettito, il contadino impacciato con il vestito da festa, le lavandaie del Po ed i monelli con l’inseparabile fischietto di terracotta. C’erano anche i forestieri che con aria divertita guardavano e curiosavano ammirando la grande Fèra dij subijèt.
convenuto festante in Piazza Maggiore, esprimeva il suo entusiasmo, per l’augusto visitatore, con grida osannanti e fischi gioiosi di centinaia di subijèt. Finita la cerimonia di apertura, iniziavano le contrattazioni, si facevano provviste per l’inverno”.
“In fondo alla piazza erano al lavoro calderai e stagnini, presso il fuoco che serviva a far sciogliere il metallo; le facce affocate e sporche. Ai loro piedi stavano le pentole e le marmitte per la polenta. E i mendicanti, che stavano appoggiati al muro o seduti per terra con il berretto capovolto, chiedevano l’elemosina”.
la strada che scende a destra della Piazza, cioè l’attuale via Alfieri, si chiamava via dei trippai. Ai due lati si aprivano le botteghe che vendevano frattaglie. Era tradizione che, durante la Fèra i macellai abbassassero i prezzi per consentire a tuffi gli abitanti di Moncalieri una bella scorpacciata di trippa da accompagnare a saporiti intingoli”.
“Che fermento in piazza Maggiore! I bottegai esponevano cereali e spezie, gli arrotini affilavano gli attrezzi, le tessitrici vendevano le loro tele lavorate su telai a navetta. I maniscalchi si affaticavano a ferrare muli ed asini, fra un’ala di contadini in attesa”.“Alla Fèra c’erano tutti. Il signorotto con il cappello in testa, l’artigiano impettito, il contadino impacciato con il vestito da festa, le lavandaie del Po ed i monelli con l’inseparabile fischietto di terracotta. C’erano anche i forestieri che con aria divertita guardavano e curiosavano ammirando la grande Fèra dij subijèt.
Due date lontane
Beppe Maradini
Due date lontane, il 1286 ed il 1344, si avvicinano a noi grazie al subijet. Fu infatti in quegli anni che, Amedeo V di Savoia, prima, per premiare i suoi sudditi che gli avevano appena giurato dedizione, istituì la Fèra dij Subijèt, e la Società del popolo, poi, che il 22 ottobre 1344 la regolarizzò con l’esenzione di gabelle per tutti i dieci giorni della manifestazione che si svolgeva l’ultimo lunedi di ottobre. Fu sempre nel corso degli anni motivo di festa, baldoria, in seguito attrazione commerciale, come ci rivelano le cronache con immagini di balli per le strade, giochi, bancarelle colme di beni. E poi vi era il collezionismo di subijèt, caratteristici zufoli di terracotta, da parte di nobili ed aristocratici.
La Fèra nell’ottocento
Enrico Occhiena
La Fèra dij subijet di Moncalieri nacque come fiera commerciale e, pur non potendo competere con la fiera di Briancon o con quella delle Fiandre, rappresentava tuttavia un richiamo di gran rilievo per i mercati del Piemonte. Con lo scorrere dei secoli, la fèra non perse la sua importanza. Nell’anno 1865, quando Torino dovette abbandonare il ruolo di capitale del nuovo Regno italiano in favore di Firenze, successero sollevazioni e tumulti tanto che ci scappò anche qualche morto. L’indignazione raggiunse anche Moncalieri che, da quel momento, cessò di essere la dimora estiva dei Savoia. E la protesta si fece sentire maggiormente in occasione della fèra in quell’anno, infatti, i fischietti vollero significare disapprovazione e protesta per quella decisione. Poi, come tutte le cose, gli animi si calmarono ed i fischietti assunsero un altro ruolo. Divennero sinonimo di baraonda, di gioia per i piccoli e per i grandi. Per quello che riguarda i subijèt si sviluppò intorno agli anni 1880-1900 una vera mania collezionistica.
( Cenni storici tratti dal libretto pubblicato dal Circolo Culturale Saturnio (Museo del fischietto di Moncalieri , ottobre 2000).
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